Street art. I giovani ridisegnano Tehran.

Palazzi grigi, una coltre fitta, un sole sbiadito, debole, e traffico. Tanto traffico.

Chiunque sia passato per Tehran la ricorderà così. O quanto meno, anche così. Eppure, tra un palazzone e una fila di macchine si scorgono delle vere e proprie opere d’arte colorate. Mi riferisco ai murales, creati con il preciso scopo di portare movimento ad una città cromaticamente piatta.

A Tehran la street art ha una lunga tradizione, non solo artistica, ma soprattutto di propaganda, sia politica che religiosa. Sono spesso i ritratti dei martiri e i murales che, inneggiando alla morte all’America, si aggiudicano un posto nelle testate occidentali con lo scopo di ritrarre un Iran retrogrado ed estremista.

Eppure oggi, c’è di più, molto di più. La street art – هنر خیابانی – cambia continuamente il volto della città, la percezione della realtà e la prospettiva. Tra le più celebri, le opere di Mehdi Ghadyanloo, stravolgono da anni le leggi della logica e trasportano l’osservatore in un mondo surreale dove le persone passeggiano su ponti che non portano da nessuna parte, dove le macchine volano e i bambini, solo con l’aiuto di qualche palloncino colorato, vengono trasportati in un mondo più bello.

Ma Tehran è una città piena di sorprese, nelle mani di una popolazione con un’età media tra i 27 e i 35 anni, che usa la street art, combinata all’utilizzo dei social media, come un mezzo di comunicazione i cui primi destinatari sono gli iraniani stessi. Un potenziale comunicativo che Xamoosh (nome d’arte) sa usare bene e di cui riconosce la forza. Attraverso i sui murales diffonde messaggi inequivocabili e condivisi dai ragazzi della sua generazione. Si parte dal rifiuto della tradizione che condiziona la vita di tutti gli iraniani e delle iraniane sin da giovanissimə. L’artista lo spiega con un’immagine tanto forte quanto chiara: un ragazzo prende letteralmente ad accettate una scatola con su scritto tradizione – سنت. Un termine interpretabile in molti modi. Ad ognuno la propria lettura.

E non è tutto. Evidentemente in opposizione con le norme sull’abbigliamento dettate dalla Repubblica Islamica dell’Iran, Xamoosh intitola una via hejab street e lo fa disegnando una targa, una di quelle che indicano i nomi delle vie appunto, aggiungendo però il disegno di uno dei van che la polizia morale usa per portare in caserma chi non osserva le leggi sull’abbigliamento.

Non c’è solo rivolta nei suoi murales, ma anche speranza, come in questo caso: “نترسیم” è un incoraggiamento a non aver paura. Ritrae un operatore sanitario in tuta anti covid-19. Il dipinto a grandezza naturale aggiunge realismo al messaggio, dà l’idea che sia una persona in carne ed ossa a infondere speranza all’osservatore.

Xamoosh non è solo ma condivide il suo palcoscenico, la strada, con molti altri artisti, come Nafir (anch’esso nome d’arte) che attraverso la street art porta un tocco di tradizione tra i vicoli della capitale. Non solo sentimenti di rottura, dunque.

La sua specialità è la pittura su tappeto persiano, letteralmente. Nafir, infatti, ricicla pezzi di bellissimi tappeti persiani sui quali dipinge soggetti, per lo più femminili, che spesso nascondono lo sguardo tra le loro trame come a voler passare inosservate, come a volersi nascondere.

Nafir, in un’intervista rilasciata a Luca Fortis per Facemagazine.it :”… per me il mondo della street art parlava inglese. Mi ispiravo a Jef Aeresol , Black le Rat e Banksy. Ma poi, parlando con mio padre che è un esperto dei tappeti tradizionali e lavora in quel settore, ho compreso che potevo mischiare le arti tradizionali dei tappeti, della calligrafia e della ceramica, con l’arte dei graffiti. … Penso che sia fondamentale elaborare una forma d’arte che sia anche consona al mondo da cui si proviene”.

Nelle trame dei tappeti persiani sono presenti geometrie che nascondo animali, forme vegetali, leggende da cui l’artista riprende i concetti per reinterpretarli in modo contemporaneo.

La street art e i social media

Dopo pochi giorni, a volte poche ore, i murales non autorizzati vengono rimossi dalle autorità e con questo pericolo, l’unico modo per farle sopravvivere sono i social media, uno tra tutti Instagram. Ci solo altri posti, invece, in cui tale pericolo è scongiurato ed è il caso di Gaeta, Roma e Napoli, alcune delle città europee che ospitano i murale di Nafir e di tanti altri artisti iraniani.

Resta comunque l’Iran la loro patria e il luogo dove la loro ispirazione mette le proprie radici. I social media non fanno altro che fornire una vetrina dando loro la possibilità di aprirsi al mondo. Ora, nessuno li può fermare.

Se non ne hai ancora abbastanza segui la diretta con Rassa Ghaffari e Antonello Sacchetti:

3 risposte a “Street art. I giovani ridisegnano Tehran.”

  1. Complimenti per l’articolo, che mette in mostra una protesta silenziosa e potente come solo le immagini possono essere! Non conoscevo queste opere d’arte (murales sarebbe riduttivo!), Bellissime.
    Silvia

    1. Grazie Silvia! Sono contenta che ti sia piaciuto.

  2. È proprio vero che i mezzi di comunicazione sono sconfinati tanto quanto le informazioni che possono essere comunicate attraverso questi 🙂

Lascia un commento