Tehran girl

Bompiani 2020, traduzione di Giacomo Longhi, pp. 240, 17.00 euro.

Elham è la giovane e avvenente segretaria di un uomo d’affari di Teheran. Quando scopre che suo padre, di cui ha perso le tracce ormai da venticinque anni, è vivo e si è rifatto una vita in Svezia, Elham ritorna alla sua infanzia, durante un giorno di scuola negli anni della rivoluzione; il giorno in cui i pasdaran trovarono una foto nascosta tra le pagine del suo quaderno. Da quel momento nulla fu più lo stesso: la copertura dei suoi genitori e dei loro amici comunisti saltò; molti non lasciarono più traccia, altri furono arrestati. Il rimorso è ancora grande: è stata lei a mettere quella foto nel quaderno o qualcuno ha tramato nell’ombra?

Fin dalle prime righe del romanzo, il lettore è catapultato in un turbinio di nomi, luoghi e sbalzi temporali tra l’Iran rivoluzionario e quello moderno. Sembra quasi di essere in macchina con la protagonista, nella Peugeot che sfreccia per Teheran, e di sentire il caos della città e delle vie che le girano attorno.

Elham è divisa tra la ricerca della verità sul suo passato e una famiglia di oppiomani sfaticati ed ex fidanzati che, per qualche motivo, continuano a gravitare nella sua casa.

Non ti va di incipriarti il naso, il mento e le guance. Di mettere il fondotinta, il fard, l’eyeliner. Di imbrattarti gli occhi. Ti mancano così come sono, al naturale. Ti manca essere te stessa. Te stessa? Cioè chi? Quando dici te stessa chi intendi esattamente?

Il punto di svolta arriva quando decide di spogliarsi delle apparenze di donna bella e perfetta per riappropriarsi della bambina smarrita dopo la scomparsa del padre e la disgregazione della famiglia. E allora via i trucchi e via la maschera per ricostruire il puzzle della propria esistenza.

Il pretesto della narrazione sembra buono, ma tutto si svolge in maniera troppo frettolosa e poco empatica, dall’incontro col padre dopo più di venti lunghissimi anni alla risoluzione del mistero della foto. È come se tutto fosse fagocitato troppo in fretta e al lettore venisse tolto il tempo di capire e di elaborare le dinamiche.

Sicuramente, quello di Elham è un personaggio che spiazza il lettore che ha una visione stereotipata della Tehran moderna e, quindi, ha il pregio di ribaltare i pregiudizi e le credenze sulle donne iraniane, dipinte spesso come donne-oggetto. Tuttavia, nonostante si tratti di un personaggio che di cose da dire ne avrebbe eccome, la narrazione rimane in superficie e non approfondisce quella rottura e quel senso di turbamento insiti in Elham e nella sua generazione.

E non aiuta lo stile in cui la scrittrice narra le vicende, affidandosi all’uso della seconda persona singolare. Un racconto tutto al presente che ha lo scopo di coinvolgere il lettore e fargli indossare i panni della protagonista, ma il cui risultato è straniante e confusionario.

Insomma, Tehran girl non dà e non toglie alla narrazione dell’Iran contemporaneo; non resta impresso, ma rimane un buon esercizio di stile sfrontato e irriverente che sfugge a ogni censura.

 

Mahsa Mohebali (Teheran, 1972) è una scrittrice, sceneggiatrice e critica letteraria iraniana. Considerata una delle voci più interessanti della letteratura iraniana contemporanea, ha vinto per due volte il prestigioso premio Golshiri con la raccolta L’amore a piè di pagina (2004) e il romanzo Non ti preoccupare (2008). Nel 2013 è stata ospite dell’International Writing Program dell’Università dell’Iowa. Nel 2015 è stata premiata per la sceneggiatura del film Time to love, interpretato da Leila Hatami.

Acquista il libro da una libreria indipendente

Monica Mattana, nata a Cagliari, si è laureata a Firenze in Strategie della Comunicazione Pubblica e Politica. Fin dai primi anni degli studi universitari, si occupa di comunicazione, eventi culturali e social media in Italia e all’estero. È appassionata di libri, scrittura, viaggi e culture straniere, in particolare quella persiana.

 

 

 

 

 

 

 


Genere: narrativa, romanzo

Lascia un commento