Intervista ad Atefeh Nariman. La traduzione è arte e tecnica insieme, l’una è imprescindibile dall’altra.

Ciao Atefeh e grazie per aver accettato questa intervista. Partiamo dall’inizio… Quando è nato il tuo viaggio personale nel mondo italiano e nella sua lingua ?

Ho conosciuto per la prima volta la lingua italiana all’università, ma il mio primo viaggio nel mondo italiano risale alla mia infanzia, quando ho visto un cartone animato su Pinocchio, e ai giorni in cui mi mettevo impazientemente davanti alla tv aspettando che iniziasse uno dei miei cartoni animati preferiti, basato sul romanzo “ Cuore” scritto da De Amicis.

Mi ricordo che in Iran l’avevano tradotto “I ragazzi della scuola Walt” ( بچه های مدرسه والت). La storia era ambientata nella città di Torino: i luoghi, le strade e le piazze, tutte le illustrazioni erano reali. I personaggi attiravano la mia attenzione: il carattere dell’insegnante, di ognuno di quei ragazzi era interessante, e poi cose particolari che non esistono in Iran, come ad esempio la biancheria stesa ad asciugare fuori dalle finestre. Ero curiosa di conoscere quel mondo e quei posti che vedevo solo sullo schermo.

E poi il primo film italiano che vidi: ‘La strada’ di Federico Fellini. Ero troppo piccola per capire le implicazioni di un film del genere, però mi è rimasta l’immagine del volto di Gelsomina che rispecchiava la purezza della sua anima, una meraviglia infantile che era sempre nei suoi occhi, quella melodia che le apparteneva. Avevo un grandissimo desiderio di scoprire tutte quelle bellezze senza conoscere nulla dell’Italia, che non sapevo nemmeno dove si trovasse. Ma ora, quando torno indietro e ripenso al passato, è come se il mio legame con l’Italia partisse da allora e nulla fosse accaduto per caso. Il mio destino sembrava legato all’Italia.

Hai frequentato un percorso di studi universitario in Italia, a Perugia. Essere giovane in un paese nuovo tutto da comprendere e scoprire dev’essere stato eccitante e difficile allo stesso momento… ma quale ricordo particolarmente importante o simpatico hai nel cuore riguardo quel tempo? 

Si, ho frequentato a Perugia un corso di perfezionamento della lingua italiana. Il Ministero degli Affari Esteri italiano assegnava ogni anno una borsa di studio a laureati in lingua italiana con una media dei voti superiore a una certa soglia. Io e alcune mie amiche l’abbiamo vinta e abbiamo quindi trascorso questo periodo di tre mesi a Perugia.

È stato molto emozionante perché era il mio primo viaggio all’estero, ma anche perché dovevo studiare in un’università straniera con compagni stranieri, con professori che avevano metodi diversi da quelli che conoscevamo, insomma, era una opportunità di scambio e condivisione irripetibile. Sono nate delle amicizie,  alcune delle quali durano ancora oggi. Era emozionante perché mi trovavo nel Paese di Pinocchio, di Gelsomina e Federico Fellini. Vedevo quelle finestre con le persiane. Dove mi giravo vedevo un pezzo di storia.

Devo ammettere che all’inizio, soprattutto nei primi giorni in cui dovevamo cercare casa e ambientarci, abbiamo avuto qualche difficoltà. Per la prima volta ci dovevamo occupare delle faccende di cui si erano sempre occupati i nostri genitori. Avevamo a che fare con una padrona di casa che non era tanto disponibile ed era piuttosto invadente. A parte questo non è stato tanto difficile, perché, nonostante avessi vissuto con la famiglia fino ad allora, avevo sempre gestito autonomamente le mie cose personali, avendo sempre avuto una personalità indipendente. Posso dire che fortunatamente tutti i problemi sono stati annullati da tutte le altre esperienze positive che abbiamo vissuto in quel periodo.

Per quanto riguarda i ricordi, non ce n’è uno più importante di un altro, è stata una bellissima esperienza, abbiamo fatto dei viaggi bellissimi in cui a volte ci capitava l’occasione di essere in un posto proprio nel giorno di festa della città, per esempio a Gubbio (Festa dei Ceri), a Spello (Le infiorate di Spello), ad Assisi (Il Calendimaggio di Assisi), a Siena (La corsa di auto d’epoca)… Un’altra cosa bella fu che io come materia facoltativa scelsi “La storia del cinema italiano” e quindi partecipavo quasi sempre alle proiezioni e alle critiche dei film di cui ero appassionata, e potete immaginare quale regista ho scelto per la tesina di fine corso: Federico Fellini. Ho passato quell’esame con 30 e lode.

Quel viaggio in Italia mi fece un regalo molto prezioso. Riuscii a vedere delle  persone con le quali avevo rapporti lavorativi e che in precendenza avevo sentito solo telefonicamente. Ma queste persone ora sono fra i miei migliori amici, anzi posso dire che fanno parte della mia famiglia.

Cosa ti sei portata a casa dall’esperienza italiana? Qualche gesto o modo di vivere italiano fa parte della tua quotidianità anche quando sei in Iran o, in generale, fuori dall’Italia?

I primi tempi dopo il rientro non ci facevo caso ma gli altri mi dicevano che parlando gesticolavo un po’, un’ abitudine nuova che mi ero portata dall’Italia. Innanzitutto sono tornata più matura.

L’esperienza di convivere con altre persone, conoscere culture diverse, mentalità e filosofie di vita con cui paragonavo le mie, mi avevano resa in certi sensi più flessibile nei confronti degli altri e per altri sensi più rigida.

In un certo senso, attraverso il confronto di certi aspetti di una società occidentale e quella mia che era più tradizionale, mettevo in dubbio certe regole scritte e non scritte e avevo aspettative diverse ad esempio in tema di diritti. Io avevo il mio modo di vivere che era più o meno uguale a quello di tante altre donne in Iran; cercavo di essere felice anche con le piccole cose, passavo tempo con la famiglia, lavoravo, uscivo con gli amici, viaggiavo, leggevo, andavo al cinema, a teatro, ai concerti ecc, la stessa vita che avrei fatto anche in Italia, ma, in breve, l’unica differenza erano le regole diverse che riguardavano e riguardano le donne. Tuttavia, il mio modo di vivere è diventato più italiano negli ultimi anni, perché mi sono sposata con un italiano.

Parlando di traduzione, occupartene era nei tuoi progetti o è successo all’improvviso un po’ per caso?

La letteratura è sempre stata una mia grande passione, soprattutto la letteratura persiana. Mi piaceva leggere e scrivere. Durante gli anni dell’ università ho anche scritto dei testi letterari, ma purtroppo dopo ho smesso. Ci sono stati dei momenti difficili in cui la letteratura è stata la mia salvezza.

Tradurre libri è sempre stato un mio sogno, ma per anni non sono riuscita a realizzarlo, perché ero molto impegnata nel lavoro. Ero laureata in lingua e letteratura italiana, ma per il mio lavoro stavo usando solo la lingua, allontanandomi pian piano dal mondo della letteratura. Fino a due anni prima della partenza per l’estero, ho lavorato nel settore commerciale, avevo a che fare con aziende, fabbriche, con i macchinari e diversi prodotti nei diversi settori, cosa che mi ha permesso di sviluppare il mio vocabolario tecnico.

Dal 2009 al febbraio 2012 ho lavorato come organizzatrice di tournee con il Circo Darix Togni. Credo di aver accettato quest’offerta perché mi era sempre rimasta dentro quella Atefeh bambina che era curiosa di scoprire i segreti del circo dove una volta si era ritrovato Pinocchio. Quindi ho cambiato un’altra volta settore.

È stata una bella esperienza ma nello stesso momento molto dura da diversi punti di vista. Nel 2012 non ho accettato nessun’offerta di lavoro e ho dedicato un po’ di mesi a fare qualche viaggio all’estero. Nel 2013 sono tornata a lavorare in una ditta nel settore della calzatura e pelletteria, entrando così in contatto con tantissime nuove informazioni e tecniche interessanti.

Ovviamente lavorando con l’Italia facevo anche l’interprete. Mi piaceva il mio lavoro, però dopo quattro anni ho deciso di lasciarlo per tornare al mondo della letteratura, perché c’era sempre questo vuoto dentro di me e non volevo rimandare ancora i miei progetti rimpiangendo il fatto di non aver inseguito i miei desideri. Quindi tradurre non è stato un caso, ma la scelta del libro si.

Comunque prima avevo già tradotto qualche copione teatrale, degli articoli, sottotitoli dei film, e altro.

Che cosa significa profondamente per te essere una traduttrice? Senti una sorta di “peso” dovuto alla responsabilità per scegliere il modo migliore di tradurre e trasmettere al lettore ciò che leggi in lingua originale o la vivi con naturalezza e serenità?

Jose Saramago dice: “Gli scrittori creano la letteratura nazionale, mentre i traduttori rendono universale la letteratura.”

Quindi non è una piccola responsabilità. Quando lavoro sento quel peso, non solo nei confronti dei lettori a cui sento di dover trasmettere nel miglior modo il significato di ogni singola frase e il senso delle parole, e di non doverli deludere, ma anche nei confronti dello scrittore o della scrittrice.

Prima di tradurre cerco di conoscere un po’ il suo modo di pensare e come questo si rispecchia nelle parole. Io avevo visto e ascoltato le interviste fatte da e con Oriana Fallaci, ascoltavo il tono della sua voce, apprezzavo l’enfasi su certi termini, le sue opinioni sui vari argomenti.

Così mentre lavoravo, leggevo le frasi, il suo tono prendeva vita davanti ai miei occhi. La traduzione come dicono è un’arte e anche una tecnica e non esiste l’una senza l’altra. Certamente è il traduttore o la traduttrice che sceglie le parole e le frasi per trasmettere quello che dice il discorso della lingua originale, ma questa scelta la fa all’interno del percorso deciso dallo scrittore o dalla scrittrice. Perché lui o lei sa benissimo cosa ha scritto, ma il traduttore o la traduttrice facendo le scelte giuste deve trasporre quelle parole e quelle frasi, armonizzando il concetto con il significato letterale delle parole, dalla lingua iniziale alla lingua di arrivo. Comunque tutto questo non mi disturba, cercare le parole con la massima attenzione è una cosa che sicuramente mi porta a migliorare e, se sono contenta del risultato, sono serena.

Riguardo il libro di Oriana Fallaci “Se il sole muore ” da te tradotto vorremmo chiederti perché hai scelto questo testo? E come lo ha accolto il popolo dei lettori iraniani?

Io sono molto soddisfatta del lavoro svolto. “ Se il Sole muore” non e` stata la mia scelta. Qualche anno fa, in un viaggio in Italia, mi ha chiamata una mia carissima amica dall’Iran e mi ha chiesto di comprare un paio di libri per conto della casa editrice con cui aveva collaborato per un suo libro. Nella lista dei libri c’era anche “Se il Sole muore”. Un anno dopo, quando ho lasciato il lavoro, lei mi ha messo in contatto con il suo editore. Ci siamo sentiti e quando ci sono andata con un libro in mano che volevo proporre, mi ha offerto invece di tradurre il libro di Oriana Fallaci.

Dato che mi piaceva la Fallaci, ho accettato. Il libro è uscito in questi anni del Covid e purtroppo non ho avuto la possibilità di andare in Iran e organizzare un evento per presentarlo, però ho potuto vedere che grazie al lavoro dell’editore il libro è arrivato anche nelle regioni più remote. Ho ricevuto dei riscontri molto positivi da parte dei lettori e questo, assieme alla mia passione personale  mi sta spingendo a iniziare a tradurre un altro libro.

Andando un po’ sul pratico, è interessante , per chi non lo sa, capire come scegli i testi da tradurre e quanto dura il processo di pubblicazione burocraticamente fra i due paesi? 

Come accennavo prima, il primo libro è stato  proposto dalla casa editrice. Ma ora sto per cominciare il secondo libro, e quello l’ho scelto io. Sinceramente non c’è un metodo per scegliere, almeno per me. Ogni volta che giro per le librerie se trovo qualche libro interessante che attira la  mia attenzione, lo compro, lo leggo e se mi piace e si crea un legame decido di tradurlo. Ma ci sono anche altri fattori da considerare, per esempio se il libro può ottenere l’approvazione del Ministero della Cultura. E se il tema e lo stile possono essere interessanti per i lettori iraniani, e se per capire quel libro bisogna conoscere il mondo che viene narrato oppure non è richiesto alcun “background” mentale.

Per quanto riguarda il processo di pubblicazione, questo dipende dai tempi di lavorazione da parte dell’editore, e dipende da quanto tempo il libro rimane al Ministero della Cultura per essere sottoposto al processo di revisione e censura. Appena superata questa fase, viene effettuata la pubblicazione e la distribuzione.

In merito alle collaborazioni tra i due paesi, le case editrici iraniane, negli ultimi tempi si trovano in difficoltà per gli ostacoli economici dovuti al cambio e il valore della moneta in calo.

Sappiamo che sei in questi giorni presente alla fiera del libro di Teheran al Mosallā-ye Emmā Khomeini . Con quale casa editrice collabori?

La casa editrice si chiama Negah, come la vostra pagina. La casa editrice ha alle spalle una storia di cinquant’anni di attività. Pubblica  libri storici, letterari, romanzi, narrativa, poesia, arte e filosofia. Grandi opere dei personaggi come: Ahmad Shamloo, Simin Behbahani, Morteza Ravandi, Nima Yoshij, Shahriyar, Hossein Manzavi, Emad Khorasani, Yadollah Royaei, Nosrat Rahmani, Bozorg Alavi, Mohammad Ali Afghani, Reza Brahani , Gholam Hossein Saedi. … e molti altri poeti e scrittori contemporanei vengono  pubblicate esclusivamente da questo editore.

C’è questa curiosità e affinità reciproca molto bella e particolare fra i nostri Paesi. Cosa vogliono conoscere i lettori iraniani della nostra letteratura? La letteratura più recente dalla quale capire un pò di più l’attualità oppure quella classica tradizionale per conoscere anche un po’ il passato della cultura del nostro paese?

La storia delle relazioni Iran-Italia ha origini antichissime: le loro relazioni culturali risalgono all’epoca dei Sassanidi, quando venivano invitati i docenti greci e italiani all’ Università di Shapour, fino alla conquista islamica della Persia. Per una gran parte del Medioevo la Persia e gli stati italiani ebbero i rapporti commerciali. Le relazioni politiche non furono sempre pacifiche ma i nostri paesi non smisero quasi mai di avere scambi culturali e economici. Dalla caduta dell’ Impero Persiano e quello Romano, il rapporto culturale tra l’Iran e l’Italia antica iniziò molto prima degli altri paesi dell’Europa moderna. Con la rivoluzione islamica nel 1979 e di seguito durante la guerra tra l’Iran e l’Iraq, i rapporti tra due paesi subirono rallentamenti significativi. Ma dopo la fine del conflitto i rapporti tornarono alla normalità.

Qindi i nostri paesi e i nostri popoli sono sempre stati legati. Ogni anno l’Italia prende posto tra le prime mete turistiche per gli iraniani. In Iran quando si parla del calcio, dell’architettura e dell’arte, il primo esempio che viene alla mente è l’Italia, ed è anche per questa ragione che ogni anno ci sono tante domande da parte degli studenti iraniani per le università italiane.

Forse una volta quando si parlava della letteratura italiana, erano noti solo i nomi di Dante e La Divina Commedia, Petrarca, Umberto Eco, ma dopo con le traduzioni dei libri di Italo Calvino, Dino Buzzati, Luigi Pirandello, Alberto Moravia, Oriana Fallaci e tanti altri scrittori adesso si è diffusa anche la conoscenza della letteratura contemporanea italiana.

Purtroppo non posso dire la stessa cosa sull’Iran e gli italiani. Gli italiani non conoscono l’Iran quanto gli iraniani conoscono l’Italia, anche per tutta una serie di pregiudizi a volte alimentati dai media. Però negli ultimi anni, con l’aumento dei turisti italiani o dei viaggi di lavoro in Iran, questa visione è parzialmente cambiata.

E naturalmente grazie al lavoro di persone appassionate dell’Iran come voi, come la casa editrice Ponte Trentatre, gli amici traduttori, in Italia vengono conosciute sempre di più non solo le attrazioni turistiche dell’Iran ma anche le opere letterarie classiche e moderne.

Da donna a donna, c’è o un’altra scrittrice o poetessa italiana che vorresti far conoscere in Iran?

Si, per un periodo pensavo di tradurre i libri di Susanna Tamaro, ma dopo una piccola ricerca ho visto che alcuni suoi libri sono stati già tradotti e ora ci sono dei colleghi che se ne stanno occupando. C’è un’altra scrittrice che purtroppo non posso ancora nominare fino alla finalizzazione degli accordi con la casa editrice, perché il prossimo libro che sto iniziando a tradurre è suo.

E poi non mi dispiacerebbe tradurre le poesie di Alda Merini.

Ti occupi anche di interpretariato. Sono due modi diversi ma affini di vivere la lingua che vai a decodificare, e saranno sicuramente due amori diversi quindi non ti chiediamo di scegliere fra i due ma, se ti va, ti chiediamo di raccontarci sia da interprete che da traduttrice le gioie e dolori che vivi a tu per tu con la lingua italiana.

Sinceramente fino ad ora ho fatto piu` l’interprete che la traduttrice. Come hai detto sono due modi diversi e due amori diversi. Fare l’interprete mi piace, perché è un modo di tradurre molto dinamico: di solito ogni volta si cambia il settore, si conoscono nuove persone e si imparano cose nuove.

La sera torni dal lavoro che non hai fatto le stesse cose del giorno precedente. Se non sei in un contesto troppo delicato, diventa più facile, perché nel caso in cui non si capisca una parola o una frase, hai la possibilità di chiedere direttamente chiarimenti per trasmettere meglio il concetto, cosa che non è possibile fare quando si traduce un testo.

Alla fine è vero che il lavoro di interpretariato economicamente è più vantaggioso, ma dall’altra parte la soddisfazione di tradurre un libro è un’altra cosa. In poche parole per guadagnare più soldi e per fare dei viaggi farei l’interprete e per la soddisfazione personale tradurrei libri.

Nel tuo cassetto segreto, quello dove ognuno di noi conserva i propri sogni, ce n’è uno legato all’ Italia e/o a progetti italiani “work in progress” che puoi anticiparci?

Sono rientrata da poco in Italia e devo mettere in ordine anche quel cassetto e pensarci due volte.

Come progetti “work in progress” ho finito di tradurre dal persiano in italiano il copione teatrale di “Anna Karenina” scritto da Arash Abbasi, il quale viene rappresentato a Teheran proprio in questi giorni. Se tutto va bene, Arash ha l’intenzione di portarlo sul palcoscenico anche qui in Italia. Speriamo di poterlo realizzare. Un grande in bocca al lupo a Arash!

Del secondo libro, posso solo dire che è un bellissimo libro, non sarà facile tradurlo ma lo farò con passione.

Se parlo del mio sogno nel cassetto segreto, non porta male? Posso svelarlo? Il mio sogno è aprire un bellissimo caffè libreria italo-iraniano con diversi reparti, ogni angolo dedicato a un aspetto diverso. Un rifugio rilassante.

Vi ringrazio per avermi dedicato questo spazio.

Grazie a te Atefeh e in bocca al lupo per il tuo sogno!

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