Alla periferia del persiano. Uno sguardo sulla lingua tagika

Quando si tratta di mondo persiano, c’è un Paese di cui spesso si parla piuttosto poco. Un territorio che sconta un isolamento dal resto del mondo persiano per decenni, acuito dall’utilizzo di un alfabeto differente. Si tratta del Tagikistan.

La sua lingua ufficiale, il tagiko, usa l’alfabeto cirillico. Per chi ha dimestichezza solo con il persiano d’Iran, le convenzioni ortografiche potrebbero far sì che richieda un po’ di pratica affinché sia agevolmente comprensibile. Talvolta, presenta alcune strutture o scelte lessicali peculiari. Tuttavia, il tagiko resta persiano.

Il Tagikistan ha avuto un posto nell’orbita di questo mondo per secoli, oltre ad essere stato notoriamente la patria del poeta Rudaki. Il destino che ne è seguito è ciò che ha reso la sua lingua così particolare rispetto a quella dei due “cugini”, Iran e Afghanistan. Da un lato, la convivenza con le diverse popolazioni turche degli altri “-stan”, in particolare gli uzbeki, dall’altro le fasi finali del Grande Gioco e la spartizione dell’Asia Centrale in zone di influenza assegnate all’impero russo o inglese.

É un Paese raramente oggetto di viaggi organizzati, a dispetto dell’Uzbekistan, peró questo non vuol dire che non abbiamo la possibilitá di avvicinarci almeno un po’ alla lingua e alla sua cultura. Infatti, due tra le principali attrattive turistiche uzbeke (Bukhara e Samarcanda) sono probabilmente da considerarsi capitali della cultura tagika, ma, a causa di scelte politiche risalenti agli anni ‘20, si sono ritrovate separate da quello che poi sarebbe divenuto il Tagikistan indipendente. Qui, per quanto non riconosciuto e non incluso nell’istruzione scolastica, il tagiko è tuttora parlato, sebbene, come vedremo poco sotto, risulterà piuttosto stravagante per chi ha familiarità con il persiano usualmente insegnato in Italia.

Di seguito si può trovare una piccola comparazione tra il tagiko di Bukhara, il tagiko di Samarcanda, il tagiko ufficiale e il persiano iraniano (cliccate sull’immagine per ingrandirla). Dato il carattere non scritto di queste varianti uzbeke, nella traslitterazione del persiano ho preferito mantenere la pronuncia colloquiale.

Tagiko (Uzbekistan)

Per chi ha familiarità con la tipica pronuncia iraniana della “a” lunga, in tagiko uzbeko ho voluto esplicitamente scrivere “o” perché è veramente più chiusa e più vicina alla “o” italiana – grafia che infatti è stata mantenuta anche nella traslitterazione del tagiko ufficiale e che risulta anche nello stesso alfabeto cirillico.

Già solo a questa comparazione, le varianti tagike di Samarcanda e Bukhara risultano decisamente particolari. A causa dell’influsso dell’uzbeko, lingua turca, troviamo delle posposizioni (tojiki ba vs be tâjiki), dei prestiti (tovre/toghri, che richiamano molto il turco doğru) e un peculiare mi a fine frase come particella interrogativa con lo stesso significato del persiano âyâ a inizio frase (orusi gap zada metoni mi?). Come accade anche in dari, sia la fonetica sia la scelta di alcune parole è generalmente più conservativa (il persiano puro khorsand vs il composto arabo-persiano khoshvaght; narkh, pul vs il prestito arabo gheymat; una parola più arcaica come naghz vs una parola usata correntemente come khub).

A distanza di qualche anno dal viaggio in cui ho potuto raccogliere queste parole tra receptionist di hotel e guide turistiche, ho di recente avuto la fortuna di scoprire un gruppo Facebook di tagiki interessati a questioni linguistiche (il gruppo era tutt’altro che inattivo, ma noto che è stato inspiegabilmente archiviato da uno degli amministratori il 12 gennaio). Ho riproposto la stessa lista di parole in tagiko standard e ho chiesto ai partecipanti del gruppo di scrivere queste frasi nel proprio dialetto.

Le tabelle che seguono presentano prima i dialetti occidentali (prima meridionali e poi settentrionali) e via via quelli piú orientali, con un paio di sorprese per concludere questo piccolo viaggio linguistico. Una ragazza ha gentilmente scritto la versione anche in shughni (una lingua parlata da circa 80 000 persone divise tra il Badakhshan tagiko e il nord dell’Afghanistan) e in uno dei dialetti yaghnobi, una lingua considerata discendente del sogdiano, parlata da meno di 15 000 persone.

Lungi da essere un lavoro scientifico, l’ordine in cui sono presentati i diversi dialetti può presentare qualche imprecisione. Con questa cartina del Tagikistan potete seguire indicativamente l’itinerario linguistico scelto, con l’eccezione dello yaghnobi che è stato messo alla fine dell’elenco in quanto lingua a parte (anche se geograficamente si troverebbe nella parte occidentale). Gli spazi vuoti indicano che la persona che ha risposto ha saltato quell’espressione.

Le riflessioni che si potrebbero fare sono molte, e alcune sono le stesse fatte riguardo alla comparazione precedente. Molto di quello che si può dire esula anche dalle competenze di chi scrive, quindi mi limiterò all’essenziale, lasciando a chi legge il piacere di notare ulteriori somiglianze o differenze, salvo che per shughni e yaghnobi che sono discorsi a sé stanti.

La traslitterazione dal cirillico è stata letterale, quindi in alcuni dialetti molte parole hanno perso diverse vocali che presumibilmente sono sostituite da un suono simile alla schwa inglese – altrove invece (vd “Badakhshan”) chi ha risposto ha esplicitamente usato una certa lettera in cirillico, che ho traslitterato con y, per rappresentare lo stesso suono.

Rakhmat e iltimos sono parole molto frequenti anche in altre lingue dell’Asia Centrale. “Prego” in moltissimi casi diventa l’equivalente iraniano di “benvenuto”.

E’ molto particolare anche l’uso frequente di kati/qati e di be usato come posposizione. Kati/qati significa “con”, di origine probabilmente uzbeka, anche se in nessuna lingua turca ha questo significato. Questa forte presenza di posposizioni mi ricorda alcune frasi in persiano che ho sentito da qualche gilaki e dove anche lí ho trovato questo fenomeno in abbondanza, forse sotto l’influsso dell’azero.

La penultima frase di questa lista, più complessa rispetto alle altre, è forse quella più interessante di tutte. Alcune traduzioni hanno rispettato il tempo presente, altre sono state riscritte al passato. La forma verbale omaidosiyam di Tursunzoda ricorda molto quella omaysem di Samarcanda e infatti questa cittá é molto vicina al confine occidentale.

Il “-tor” del persiano chetor praticamente scompare, sostituito quasi sempre da hel/khel.

Una particolarità ulteriore è l’utilizzo di participi in “-gi/ge” (shudagi, didage, umadagi) che in persiano non esistono e che hanno diverse funzioni, e della forma “participio passato+st+desinenza”, come raftestam che è vicina al persiano rafte am.

Dal punto di vista lessicale, invece, si ripete l’alternanza tra il persiano dorost/rost e il turco tughri/tughra. In nessun caso per dire “il mio nome é” si usa l’arabo esm, ma risulta sempre e solo il persiano nom.

Notevole è la parola kulugh che si trova in diverse forme (kyllygh, qyllygh, kullugh) con il significato di “grazie” nei dialetti del Badakhshan e in shughni, anche se pare che in realtá il suo uso sia diffuso anche più a ovest. Con molta difficoltà ho trovato informazioni sulla sua etimologia, dato che l’unica fonte che ho trovato è stato ancora il gruppo che ho citato, ma pare che sia anche questa una parola di origine turca (kutluluk in turco moderno significa “beatitudine”). Dato che il Pamir è una regione estremamente remota, immaginavo che le lingue di questo territorio fossero più scevre da prestiti, specialmente per termini come questo – e a leggere le reazioni degli altri membri del gruppo non ero affatto sola. Tuttavia pare che un numero notevole di parole turche sia entrato anche in queste aree a causa del fatto che fino all’inizio del XX secolo le vie di comunicazione verso l’odierno Kirghizistan e Xinjiang, zone turcofone, erano più agevoli che verso il resto del Tajikistan. Questa breve ricerca è stata una bellissima esperienza, anche proprio per le interazioni che si sono create tra chi ha risposto al piccolo questionario, i quali scoprivano essi stessi delle coincidenze, dei modi di dire particolari, e da cui sono scaturite ulteriori discussioni. Spero che renderà anche qualcun altro curioso di sapere di più su questa regione così affascinante e su cui il materiale in italiano è decisamente scarso.

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